Non chiamarlo amore. La sensibilità di AHRI

 


Spesso la vita ti segna. Sta a te trasformare esperienze dure in emozioni da trasmettere.

Tutto questo è  Arianna Vitale in arte AHRI.

Cantante con un esperienza immensa capace di portare immagini di vita reale nei pezzi che scrive.

 


Nel 2016 prende vita "Non chiamarlo amore". La canzone affronta un argomento molto delicato come la violenza domestica. 

Tanta verità personale nella lirica, che poggia su musiche moderne che viaggiano su ritmi che trasformano le parole in scene reali, che invitano a ribellarsi al proprio destino, a tornare a vivere prendendo coscienza di se.


L'intervista

Come nasce Non chiamarlo amore?

Non chiamarlo amore rappresenta un passaggio fondamentale nella mia scrittura.

Avevo appena imparato i primi accordi di chitarra quando l’ho scritta.

Ricordo ancora la difficoltà di sviluppare una melodia e un testo mentre suonavo il giro armonico, goffa e imprecisa, ma ero fortemente motivata a scrivere una canzone che trasmettesse un messaggio positivo.

Dopo il primo EP SEMPLICEMENTE AHRI, fortemente autobiografico, sentivo la necessità di allargare i miei orizzonti e di mettere le mie esperienza a servizio degli altri.

Dopo aver “vomitato” sofferenza e rancore in brani come Tu non eri più, E non ridere di me e Una nuova alba sentivo di dover raccontare il seguito. Raccontare che da qualunque situazione negativa si può uscire, con coraggio e forza di volontà.


Chi rappresenta Vivienne?

Vivienne rappresenta tutti noi.

Rappresenta ogni vittima di violenza. Soprattutto psicologica.

Quella che rimane nelle viscere, quella che toglie ogni autostima, quella che ci rende deboli e incapaci di reagire.

Peggio, quella che ci convince di non essere meritevoli di stima e riconoscimento.

Quella che dura anni, che non si vede, che non ha inizio nè fine e che rimarrà in un angolo oscuro della nostra personalità per sempre.

Quella che cambierà in modo radicale la percezione di noi stessi e le relazioni con gli altri.

E’ un messaggio universale, anche se ho usato l’immagine femminile, per non perdere il carattere autobiografico della mia musica.

Vivienne dovrà allontanarsi, andarsene.

Questo è il messaggio.

Per uscire da situazioni di violenza domestica o famigliare bisogna avere il coraggio di andarsene. Senza voltarsi indietro. Senza ripensamenti. 

Cosa rappresenta l'ignoto per AHRI?

L’ignoto è il futuro. E’ la rinascita. E’ la vita fuori dalla zona-comfort. E’ la gioia dopo il dolore.

E’ il mio pane quotidiano. Da che sono al mondo faccio scelte difficili, impopolari e incoscienti.

Ed è, credo, la mia più grande risorsa.


Come vedi il tuo futuro nella musica?

Sinceramente lo vedo difficile. Per una serie di motivi.

Il primo per la mia età. E’ difficile cominciare dopo i 40 anni e soprattutto senza budget alle spalle.

Fare musica senza avere i fondi necessari per farla bene e per promuoverla è un pò come comprare una macchina e non potersi permettere assicurazione e benzina. Rimane in garage.

E alla mia età trovare il proprio target è già estremamente difficile.

Il secondo in quanto donna, Sembrerà retorica ma la musica vive ancora di preconcetti.

E’ molto più facile apostrofare un uomo con il termine “cantautore” piuttosto che una donna, vista quasi sempre come semplice cantante.

Una donna deve essere brava il doppio per essere riconosciuta la metà di un uomo.

Infine, io non ho studiato musica e negli anni mi sono resa conto di quanto sia penalizzante dover affidare le proprie creazioni ad altri esecutori.

Per quanto bravi e formidabili musicisti, nessuno è in grado di riprodurre quello che si crea nella testa di chi scrive una canzone.

I millenial sono molto più avanti rispetto alla mia generazione.

Noi lavoravamo già a 19 anni. E non avevamo dei genitori che investivano sulla nostra arte.

Peccato. Perchè io per esempio già a 7 anni sapevo suonare ad orecchio Bach su una piccola pianola Bontempi.

Ma a nessuno è venuto in mente che, forse, era il caso di farmi studiare musica :-D

E così, dopo una vita da impiegata amministrativa, oggi il mio unico sogno è ancora quello di vivere di musica.

E così, rincorro il tempo perduto.


La musica nella tua vita. Cosa ti dona cosa ti prende?

Domanda difficile.

Partiamo da quello che mi prende.

Tempo, sicuramente. Risorse, anche.

Spesso autostima e fiducia in me stessa. Quando non riesco a raggiungere gli obiettivi sperati è abbastanza devastante.

Gli artisti tendono spesso a commettere l’errore di identificarsi in quello che scrivono.

Risultato: se la mia musica non “arriva” vuol dire che non è abastanza buona, ergo: io non valgo abbastanza.

Cosa mi dà? L’ignoto. 



Ascolta Non chiamarlo amore sulla nostra playlist 

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